A cena con Errico Recanati, lo chef-artigiano stellato
È stato definito guerriero dello spiedo e della brace, strenuo difensore della materia prima e roccia ferma della tradizione culinaria marchigiana e italiana.
Proprio l’amore verso la materia prima lo hanno portato a ricevere ad ottobre il Premio Gambero Rosso Terra e Ambiente. La motivazione del premio così cita: “Quando la sostenibilità è forma e sostanza. Valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti attraverso una cucina nel pieno rispetto della terra, dell’ambiente e dell’uomo”.
Il premio Gambero Rosso si va ad aggiungere ad un importante riconoscimento come la Stella Michelin.
Una coppia di coniugi e una grande passione per la materia prima: in costante crescita gastronomica negli anni, in virtù di una cucina che rivede la tradizione – quasi esclusivamente di carne – con succulenti proposte alla brace e allo spiedo tra i secondi piatti. Così gli ispettori della Guida Michelin raccontano il Ristorante Andreina
Fare lo chef è come essere un artigiano che elabora la materia attraverso la ricerca, la passione, l’attenzione, l’amore e la dedizione al fine di ottenerne un prodotto culinario d’eccellenza.
Errico Recanati
Con queste parole lo chef Errico Recanati, dal Ristorante Andreina di Loreto, inizia a raccontare la sua cucina e il suo territorio, l’ecosistema florido e affascinante delle Marche, in bilico tra mare e terra, privilegiando gesti tradizionali e culto della brace in chiave moderna e futuristica.
Da dove arriva la sua passione per la cucina?
La passione per la cucina deriva dalla famiglia, da una nonna, da dei camini accesi, da una storia lunga 65 anni e da tutti i colori che compongono la cucina. In cucina nasco autodidatta! È inevitabile quando cresci in un ristorante e lo vivi fin da piccolo e quando, di ritorno dalla scuola, mi fermavo in sala ad osservare l’andirivieni dei camerieri, il chiacchiericcio dei clienti mentre la passione cresceva sempre più.
Quali sono i ricordi su Nonna Andreina che oggi gli tornano ancora alla mente?
Passione, attenzione, amore e dedizione. Nonna assaggiava tutto, vedeva tutto e controllava tutto. Dai prodotti culinari prima di essere cucinati fino ad arrivare sul tavolo del commensale ed essere mangiati.
Quante volte osservavo mia nonna tra quelle pentole enormi di quaglie in salmì che bollivano e bollivano sui fuochi fatti a muro! Mai distoglieva l’attenzione da tutti e cinque i fuochi in modo continuo ed attento fino alla cottura finale.
Dalla sfoglia e dallo spiedo di Nonna Andreina a … Come definirebbe oggi la sua cucina?
Una cucina attenta al prodotto, alla materia prima, alla mia regione e a dove lo chef vuole tornare. Ovvero, allo spiedo.
Nel tempo ho compreso che l’ingrediente principale della brace è il fumo. Esso va catturato e convogliato grazie ad un cappello che si alza e si abbassa secondo la cottura. Lavoro sulla distanza del fuoco con griglie alte. La faraona viene cotta da lontano a 35 cm di distanza.
Allontanando la carne abbiamo cotture più lunghe, pelli più croccanti e punti di cottura perfetti come nel forno. Il lavoro da cuoco è come quello di un artigiano che conosce le sue materie e dosa ingredienti e cottura.
Mi sto esercitando a riconoscere la cottura della carne attraverso il profumo del fumo. È un’esperienza sensoriale incredibile. Il fumo va domato e concentrato abbassando e alzando le griglie. Solo così ottieni la giusta consistenza delle carni.
La brace, sia essa fatta con i legni o con il carbone, va accesa presto e sotto la griglia ci deve essere un fuoco acceso. Lasciamo ad altri le piastre. Quante volte avete VERAMENTE mangiato alla griglia nelle cene fuori casa?
Pernice e giardiniera Faraona cotta da lontano
Al ristorante Andreina possono mangiare tutti? Onnivori e anche vegetariani o vegani?
Da noi possono mangiare tutti, anche i vegani. Infatti oltre a cucinare carne realizziamo piatti a base di vegetali. Per l’80% tutto rigorosamente alla brace. Al mio ristorante mangia tanta bellissima gente che ringrazio infinitamente. Ho il piacere di vedere molti giovani. Grazie a loro oggi sono qua a rinnovarmi con grande entusiasmo.
Quali sono i piatti più ricercati della sua cucina?
La faraona cotta da lontano, l’ostrica alla brace, la pernice, il baccalà cotto sotto la cenere. Una delle specialità che abbiamo messo a punto è lo spaghetto alla brace servito con cacio, pepe e pecorino di fossa di Cau Spada con sette pepi diversi. Viene cotto sotto i cappelli per favorire la tostatura e dare così una consistenza diversa da quella bollita. Successivamente viene mantecato con cacio e pepe.
Raccontiamo le Marche attraverso i suoi piatti e le sue ricette.
Voglio raccontarvi Ascoli Piceno e in particolar modo le sue famose olive all’ascolana, rivisitate nel tempo in tanti modi. In occasione di un evento a cui sono stato invitato, ho pensato di onorare Ascoli e le sue preziose olive con una speciale ricetta innovativa. Ho dato vita ad un box al cui interno ho inserito una battuta al coltello di carne cruda dell’azienda agricola Scibè Doriano in una forma ovale, un sacchetto di farina di olive verdi Gregori essicate e frullate e del pane fritto. Per mangiarla, si prende la tartare e la si mette nel sacchetto fino a ricoprire interamente la carne di farina di olive. Infine si mette sul pane fritto e si mangia. Con questa ricetta ho portato la marchigianità in giro per l’Italia. Un cuoco deve difendere il proprio territorio.
Amo raccontare le Marche attraverso le materie prime e i produttori. Non è così fondamentale parlare di prodotti a km0, ma è importante ricercare la materia prima d’eccellenza marchigiana.
Stella Michelin e Premio Gambero Rosso Terra e ambiente: quale è il significato di questi due premi per lei?
La Stella Michelin raffigura un riconoscimento alla nostra storia e a ciò che abbiamo realizzato fino ad oggi con tanta passione e ricerca. Le persone che arrivano nelle Marche per turismo e che giungono al ristorante Andreina trovano degli ambasciatori di una bellissima terra dai colori, sapori e profumi mai sentiti prima e con i prodotti migliori. Terra e ambiente sono importanti perché riportano il riconoscimento alla materia prima. Abbiamo 22 piante di visciola e facciamo le visciole sotto zucchero. Coltiviamo 22 erbe aromatiche grazie alla dedizione e al lavoro certosino di un collaboratore che mi aiuta e mi supporta. Il lavoro inizia proprio in quell’orto di erbe aromatiche per finire in cucina.
Che consigli darebbe ai giovani che ci accingono a diventare chef?
Cambiate lavoro! Scherzi a parte… passione, rispetto, amore e dedizione. Non puoi lavorare senza questi ingredienti speciali. Alzati presto la mattina con lo spirito e il divertimento di un bimbo di 12 anni e lavora sodo come un falegname di 70 che pialla il legno dalla mattina alla sera.
Ho lavorato con uno chef che diceva “se una sarta cuce un’asola un cuoco deve sbucciare un legume”. Lo chef deve levare le difficoltà nel mangiare al commensale. Stiamo tornando a quello che sono le emozioni e i ricordi.
Com’è lavorare in coppia con sua moglie Ramona Ragaini?
È un’esperienza bellissima! È più giovane di me e questo ha favorito il confronto tra percezioni diverse, lo scambio di idee su quello che è attuale. Noi siamo una squadra alla continua ricerca e sperimentazione, con uno sguardo presente nella tradizione.
Raccontiamo Ramona ai lettori.
È una persona molto intelligente e attenta che, pur non essendo arrivata da questo mondo, lo vive intensamente e con amore. Ama il cibo vivo come l’uva che l’ha portata ad appassionarsi al vino.
Ci svela qualche ricetta per i lettori di “Whymarche”?
Iniziamo con uno sgombro con cipolla cotta sotto la cenere, accompagnato da una misticanza di erbe tenere di campo lasciate marinare con aceto di lampone. In abbinamento un bel Verdicchio di Matelica o dei Castelli di Jesi.
Come da tradizione natalizia suggerisco cappelletti in brodo di cappone con ripieno delle nostre carni con scaglie di tartufo di Acqualagna nel brodo. Il tutto accompagnato da un grande bianco marchigiano.
Proseguiamo con un’insalata di gobbi, cappone accompagnato da un gelato di mostarda.
Come dessert una crema classica di visciole in diverse consistenze, sotto zucchero. Terminiamo con una granita di succo di visciole.
di S. Conti