L’ Androgino Crocifisso nel Duomo di Osimo
Il volto è quello di un uomo barbuto, ma il corpo è quello di una donna. Uno strano gioco di luci ed ombre la lasciano intravvedere: aggraziata e con una specie di caschetto, il naso illuminato, la barba invisibile, le braccia e le gambe affusolate, le curve del corpo, una gonna ed i seni ben pronunciati. Alcuni sostengono che sotto la veste ci sia, addirittura un possibile accenno di genitali femminili. Aspetti inauditi di una bellissima opera in legno, tipica del secolo XIII, posta in un altare minore del Duomo di Osimo. La spiegazione di queste singolarità potrebbe riguardare l’artista che lo scolpì. Ma il nome ci è ignoto e pure la collocazione temporale dell’opera risulta incerta.
Procediamo allora secondo la logica di accettare come voluto l’aspetto femminile del Cristo e vediamo dove questo ci porta. Ci lasceremo condurre da una interpretazione simbolica, con l’unica condizione che il risultato di questa osservazione si integri bene con i molti riferimenti Alchemici della Cattedrale, annunciati fin dal portale d’ingresso.
L’ alchimia è una antichissima scienza rivolta alla conoscenza profonda e interiore dell’uomo. Secondo Jung ciascuna operazione alchemica simboleggia una tappa della trasformazione psicologica del soggetto che lo conduce da un essere incosciente, meccanico e istintivo, ad uno cosciente di sé e del mondo che lo circonda. I trattatati alchemici propongono questi passaggi in forma simbolica e codificata, proprio per nascondere ai profani questa conoscenza. L’opera, definita come la più grande delle opere, è codificata in tappe che prendono spunto dai quattro colori fondamentali della pittura greca: nero, bianco, giallo e rosso. Nigredo (opera in nero) nello specifico rappresentata dal sacrificio di Cristo sulla croce (di colore nero). Albedo (opera in bianco), che nell’alchimia cristiana consiste nella Resurrezione di Gesù dopo la Passione. Citrinitas (opera in giallo) che corrisponde alla purificazione durante l’ascesa in cielo del Cristo. Rubedo (opera in rosso) che equivale alla Pentecoste, ossia alla discesa dello Spirito Santo sulla Terra in forma di lingue di fuoco.
Vi è una fase intermedia assai importante compresa tra il Nigredo e l’Albedo, la fase del Blu alchemico, che esprime ciò che resta in uno stato negativo nonostante la trasformazione; consapevolezza e accettazione del male per non rendere la trasformazione un’operazione ingenua e banale.
Un punto fondamentale di questa trasformazione è costituito proprio dalla fusione dei due principi complementari: maschile e femminile, nella forma conclusiva del cosiddetto Androgino. Non si tratta solo di un collage di parti fisiche, bensì della sintesi di un essere completamente nuovo caratterizzato da un elevato livello di integrazione e di coscienza di sé.
Questi colori, riassuntivi della Grande Opera, sono tutti visibili nella parete che fa da sfondo al crocifisso e lo stesso Cristo, a questo punto, assume logicamente le sembianze dell’Androgino Alchemico.
A rafforzare inoltre l’ipotesi c’è anche il numero 4 ricorrente nell’opera attraverso le forme geometriche del quadrato e della croce, nonché nel numero di chiodi. Il quadrato, figura spigolosa è, al contrario del cerchio che rappresenta il cielo, il simbolo della materia. Il quadrato nel trasformarsi in croce diventa uno strumento per la realizzazione dell’unione dei contrari. E proprio nel centro della croce si compirà quella sintesi alchemica fondamentale: l’Androgino-Cristo. I quattro chiodi della crocefissione rimarcano più che mai questa circostanza. “…l’Anima nella sua discesa nella materia, viene infissa alla croce della forma con i quattro chiodi degli elementi”.
I chiodi che rappresentano i 4 Elementi che fissano la coscienza divina al mondo fisico. La terra rappresenta il corpo fisico, l’acqua, le emozioni, l’aria, il pensiero ed il fuoco, lo spirito. Tutti insieme descrivono la matrice della forma umana.
di S. Longhi