La realtà nella fantasia: questa è la mia vita
Così nascono le canzoni di Raphael Gualazzi
Se potesse rispondere ed esprimersi solo attraverso le note sospese che vibrano nell’aria dopo che le sue dita hanno sfiorato i tasti del pianoforte, Raphael Gualazzi lo farebbe. L’amore che l’artista urbinate nutre nei confronti della musica è chiaramente percepibile dalla passione con cui riesce a far vibrare l’aria attraverso i suoni e le melodie che scaturiscono dalla sua voce e dal suo pianoforte. Vincitore della categoria Giovani del Festival di Sanremo 2011 con “Follia d’amore” e, nello stesso anno, secondo all’Eurovision Song Contest, Raphael Gualazzi ha partecipato anche all’ultima edizione del Festival della Canzone italiana con “Carioca”, un brano fresco e dalle melodie trascinanti. Quello attuale è un momento buio: un virus sconosciuto ha ribaltato i piani e i progetti di tutti, ma forse per gli artisti e per tutto il mondo che ruota intorno alla musica è ancor più difficile affrontare l’imprevedibilità in cui ci ha trascinato tale situazione. Abbiamo dovuto posizionare il nostro mood sul tasto “pausa”, ma questo non equivale a fermarsi e Raphael, che dell’immaginazione e dell’arte ha fatto un mestiere, così reagisce.
Come stai vivendo il periodo di quarantena forzata e di lockdown? Hai organizzato delle dirette su Facebook (“Aperitivi in musica”) per coinvolgere il pubblico. Che risposte hai avuto? Come si svolgono tali appuntamenti?
Sto vivendo questo periodo cercando di trasformare i limiti in opportunità. Anzitutto la musica ha bisogno dei suoi tempi per raggiungere un certo livello creativo. Non importa se parliamo di composizioni, arrangiamenti o evoluzioni. E in questo momento infelice di tempo da dedicarle ce n’è in abbondanza, quindi lo sfruttiamo totalmente. Riguardo alle dirette credo siano un modo per raccontare una dimensione della propria musica che non sarebbe possibile riprodurre in altri contesti, anche se l’esperienza della musica dal vivo nei teatri è la più bella. Faccio due dirette da circa venti minuti ciascuna: il martedì sul mio profilo Instagram e il giovedì su Facebook, entrambe alle 20.
Hai dato vita alla campagna #seiconnoi? In cosa consiste? Quale il tuo pensiero a riguardo?
Ci auguriamo che la cultura, tutte le iniziative e rappresentazioni artistiche, come gli spettacoli musicali e non, possano presto essere riattivati. Scrolliamoci di dosso il pregiudizio che vede l’arte come ultima ruota del carro e pensiamo non solo a chi la crea ma anche a chi la rende possibile partendo dal facchino e passando per il camionista, l’organizzatore e tutta la filiera di persone che portano a casa il proprio stipendio grazie all’arte o alla musica.
In una intervista hai dichiarato che è importante “vivere la vita normale, perché sennò non c’è niente che puoi raccontare nelle tue canzoni a livello di emozioni e vissuto”. Quanto c’è di te nelle tue canzoni?
Le mie canzoni hanno come protagonisti alcuni personaggi che sono frutto dell’immaginazione, ma realtà e fantasia spesso coincidono. In questo modo posso essere o diventare ciò che desidero liberando qualsiasi appartenenza emotiva attraverso l’alienazione.
Come nascono le tue canzoni? Quanto lavoro si nasconde dietro? Pensi prima alle parole o alla musica?
Quando collaboro con altri nasce prima la musica, mentre quando scrivo da solo testo e musica nascono contemporaneamente nella maggior parte dei casi. Collaborare è importante quanto sapersi ritagliare i propri spazi di riflessione e creazione. Ogni canzone ha un processo creativo differente che varia a seconda della metodologia che si sposa con il co-autore/produttore. In alcuni casi basta un beat a stimolare la creatività e si passa attraverso processi di destrutturazione, contraddizione, rilettura e assemblaggio fino a completare la veste finale con la cosiddetta produzione. In altri nasce tutto da una jam session ovvero un incontro tra musicisti che creano dei patterns o dei moods per creare una struttura, una melodia e un testo. Altre volte si parte da un piano e voce al quale vengono assegnati suoni più moderni e atmosfere coerentemente definite.
C’è una canzone o una collaborazione cui sei particolarmente legato? Perché?
Sì. La canzone che ho avuto l’onore di scrivere per Andrea Bocelli (contenuta nel suo ultimo album “Sì”) chiamata “Vertigo”. L’ho registrata anni fa nel minuscolo studio di un mio amico, dopo una notte insonne, ispirato dalle magiche luci di un’alba che accarezzava le maestose colline del Montefeltro.
Quando suoni sembri un tutt’uno con lo strumento, il pianoforte. Come nasce la passione? Cosa provi ogni volta che scorri le dita sui tasti bianchi e neri?
Se fossi in grado di rispondere a questa domanda probabilmente lo farei suonando.
È uscito il 7 febbraio 2020 l’album “Ho un piano”. Che tracce contiene? Ce ne puoi parlare? Nel disco affronti diverse tematiche come quella dell’immigrazione, in “Italià”. La musica e l’arte in generale possono contribuire alla sensibilizzazione rispetto a certi fenomeni sociali?
“Ho un piano” contiene undici tracce di cui dieci inediti e la rivisitazione di “E se domani” interpretata a Sanremo con Simona Molinari. Io ho prodotto due brani (“E se domani” e “Italià”) mentre gli altri nove nascono dalla collaborazione con cinque produttori diversi (Cogliati, Secondomè, Dade, Mamakass, Stabber). Alcuni brani toccano dei temi sociali e ambientali, altri sono più introspettivi. La musica nasce come mero intrattenimento ma attraverso l’ironia, il sarcasmo o la satira si possono trasmettere degli spunti di riflessione perché in fondo l’arte è anche un racconto e un riflesso della società in cui si vive o il sogno di quella in cui si vorrebbe vivere.
Come sono state le tue esperienze sanremesi? Dalla vittoria alla categoria Giovani del 2011 fino all’ultima edizione del 2020.
Tutte positive e molto costruttive. Differenti una dall’altra. Esibirsi sul palco dell’Ariston non ha prezzo.
La musica ha valore catartico, hai dichiarato recentemente. Cosa rappresenta per te?
È sempre una dolce evasione, una codifica della realtà ed un’immersione nella fantasia.
Come descriveresti la tua musica? Ti classificheresti in un genere unico di appartenenza?
Non sono mai riuscito definire la musica che suono perché è ispirata da tanti generi. Sicuramente i filoni principali sono la musica classica e la tradizione culturale afroamericana.
Che rapporto hai con la tua regione, le Marche? C’è un luogo del cuore? Hai un aneddoto da raccontarci?
Ogni volta che torno a casa respiro un’aria pulita, vedo colori e sento odori e sapori che non si trovano ovunque. La bellezza dei paesaggi, la storia, le architetture e soprattutto la mia famiglia e gli amici sono gli elementi che mi fanno amare di più questa terra. I miei luoghi del cuore sono ovviamente Urbino e il Montefeltro.
Che intendi fare, non appena sarà terminata la quarantena?
Spero di poter riabbracciare le persone a me care.
Stai lavorando a qualche progetto? Quali sono quelli futuri?
Sto lavorando a diversi progetti ma non posso anticipare nulla, purtroppo.
di I. Cofanelli