La galuppa
Quel grande quadrato di stoffa annodato al bastone dove contadini, pastori, soldati e promessi sposi trasportavano il cibo.
Antica tradizione, distante dalla moda ma più vicina alle esigenze dei tempi, trova spazio nell’immaginario marchigiano e si identifica con i termini dialettali “gluppa” e “sparra”.
La “gluppa”, anche galuppa o addirittura “guluppa”, come anche “sparra” erano utilizzate già all’inizio dell’’800 come si può vedere da antiche illustrazioni e vari dipinti che rappresentano la vita nelle campagne e le battaglie combattute sul territorio delle Marche.
In ogni area della regione l’antico “take-away” prende nomi differenti seguendo le influenze che hanno definito i vari dialetti: “gluppa” nell’alto anconetano e “sparra” nel maceratese.
Le memorie orali arrivano dagli anni sessanta, cioè prima della diffusione dei cappelli di paglia quando il grande fazzoletto di cotone a scacchi, generalmente bianco e blu, era utilizzato dalle donne per coprirsi il capo durante il lavoro o a forma di ciambella sulla testa per appoggiare con grande abilità brocche piene d’acqua e cesti con prodotti.
Il resistente fazzoletto, all’occorrenza era il contenitore per trasportare cibo e diventava immediatamente un’ampia tovaglia per consumare il pasto durante le pause del lavoro nei campi. Nella stagione estiva, quando si poteva lavorare fino a tardi, grazie alle maggiori ore di luce, la merenda sulla “gluppa” diventava per i contadini un’occasione di riposo e ristoro da consumare magari all’ombra di un moro. La merenda era un momento dell’attività agricola come recita l’antico proverbio “San Giuseppe porta la merenda nel fazzoletto, San Michele porta la merenda in cielo”.
La letteratura non contiene molte fonti sulla tradizione del fazzoletto annodato al bastone. Restano solo le rare fonti orali degli anziani che insieme ad alcuni dipinti rappresentano questa tradizione nelle campagne e durante le guerre che si sono svolte sul territorio delle Marche. Alcuni fazzoletti sono esposti al Museo di Storia della Mezzadria “Sergio Anselmi” di Senigallia che ha raccolto e tramanda anche preziose fonti orali.
È importante ricordare e valorizzare questa tradizione legandola ai giorni nostri e alle tante occasioni di consumare cibo fuori casa.