Cento anni di otto ore
A Jesi il ricordo della conquista di Gemma Perchi
Le immagini fotocopiate di fotografie antiche in bianco e nero ci restituiscono la figura di una donna alta, massiccia, dall’aspetto imponente, il volto segnato dalla stanchezza, ma anche dalla tenacia, dalla resilienza, dalla caratteristica “tigna” jesina. E due occhi chiarissimi. Questo il ritratto di Gemma Perchi, jesina classe 1873, che ha dedicato una vita intera a battersi per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Jesi ha voluto ricordare la conquista della sindacalista con una rassegna di eventi concretizzata da diverse associazioni della Vallesina, in collaborazione con le amministrazioni comunali di Jesi, Staffolo e Morro d’Alba. “Tutto è nato nel 2016, nell’ambito del progetto ‘Storie del Prado’ – spiega Michael Bonelli, dell’associazione culturale Willer & Carson, tra gli organizzatori della rassegna. – Abbiamo trovato storie, poesie, giochi e le “sedarole” che ci hanno portato a Gemma Perchi.
Studiando questa figura abbiamo trovato una semplice riga che ci ha folgorato, perché dietro c’era un percorso di oltre venti anni di lotte, addirittura quasi trent’anni che portavano la giornata lavorativa dalle quattordici alle otto ore giornaliere. Un risultato notevole per l’Italia e per tutto il mondo, una grande conquista sociale di civiltà”. La frase “galeotta” citata da Bonelli, quella che diede il là per l’organizzazione degli eventi, fu “… e il primo maggio 1919 divennero effettive le otto ore lavorative”. Il cuore del progetto è racchiuso in quelle semplici parole, da cui è scaturita una serie di iniziative che ha coinvolto in maniera attiva la cittadinanza. “Abbiamo indetto una conferenza stampa aperta lo scorso 16 febbraio – continua Bonelli – aprendoci alla città e a quanti avessero voluto prendere parte all’idea. I comuni di Morro d’Alba e Staffolo hanno aderito immediatamente, così come numerose altre associazioni e artisti del territorio”. Un programma condiviso da tutti i partecipanti, che ha coinvolto la cittadinanza intera, dai bambini ai ragazzi. La rassegna si è aperta il 17 aprile con il convegno “Dalla conquista delle otto ore ad un dignitoso salario” organizzato dalle associazioni sindacali Cgil-Cisl-Uil presso la Fondazione Colocci di Jesi, per poi proseguire con la rassegna vera e propria di eventi, programmata dal 26 aprile all’1 maggio. Si è partiti con la mostra fotografica “Appunti grafici e plastici sulle Sedarole” curata dagli studenti del Liceo Artistico Mannucci allestita alla Camera del Lavoro di Jesi, per proseguire con diverse tavole rotonde sul tema “Cento anni di otto ore”, o spettacoli come “La Filanda è ‘na galera” del gruppo di canto popolare Gastone Pietrucci e La Macina con la partecipazione di Mugia Bellagamba. Degna di nota la partecipazione dei bambini della scuola primaria intitolata a Gemma Perchi allo spettacolo “Le Filandare”, a cura di Carmen Dui che ha scritto il testo e di Isabella Badiali. Particolarmente commovente la commemorazione presso la tomba di Gemma Perchi al Campo IV del cimitero jesino.
Altri appuntamenti della rassegna sono stati la proiezione dei film “We want sex”, “7 minuti”, “Due giorni, una notte”, l’esplorazione urbana “Le Vie della Seta” sui luoghi delle filande a cura di Dante Ricci, la mostra fotografica “I luoghi delle filande, i ricordi di ieri le immagini di oggi”. A Staffolo è stato presentato il libro “#leviedelledonnemarchigiane” e Morro d’Alba ha ospitato un convegno dal titolo “Il filo di seta tra economia e diritti”. Presso la Biblioteca Planettiana di Jesi, fino al 25 maggio, è possibile visionare un percorso documentario e multimediale dal titolo “Jesi città della seta”. “Proprio grazie alla solerzia e alla passione di coloro che curano la Biblioteca Planettiana è stato possibile rintracciare un incunabolo del 1490 che dimostra come l’industria serica a Jesi e dintorni esistesse da secoli – prosegue Bonelli – non solo. E’ stata rinvenuta anche una fotografia originale in bianco e nero di Gemma Perchi, dove si notano gli occhi chiarissimi. Si è sempre pensato alla sindacalista come a una presenza carismatica, magnetica, con occhi scuri, mentre dalla foto emerge il contrario, tanto che la professoressa Toppan del Liceo Mannucci ha provveduto in poche ore a modificarne il ritratto realizzato appositamente per l’occasione, sostituendolo con il giusto colore delle iridi, pensando all’azzurro”. Un evento, quello dei cento anni di otto ore, che non si rivolge solo al passato, ma guarda anche al futuro. “Non è stata realizzata un’operazione di nostalgia, quanto piuttosto uno stimolo per ragionare su come possa evolvere il futuro del lavoro. Abbiamo guardato a quello che c’era cento anni fa, ma l’idea è volgersi a ciò che verrà”, chiarisce l’Assessore alla Cultura di Jesi, Luca Butini, che aggiunge: “Alcuni di coloro che hanno partecipato agli eventi in programma, non provenienti dal nostro territorio, non conoscevano questo ruolo di Jesi “piccola Milano”, quindi abbiamo portato avanti anche una promozione dei luoghi, valutando se proporre questo formato di intervento che guarda dal passato al futuro anche in altre zone europee che abbiano visto il prosperare e poi lo svanire delle industrie della seta”.
A Jesi sorgevano 8 stabilimenti di bachi da seta e 14 filande che procuravano lavoro a mille persone, delle quali il 90% erano donne. Gemma Perchi, leader delle insurrezioni operaie che consentirono alla città jesina di ottenere le otto ore di lavoro giornaliere, oggi ci ha lasciato molto: “Tenacia, volontà e costanza. Gemma Perchi non ottiene con un colpo di bacchetta magica le otto ore, ma dopo oltre venti anni di lotte, in un periodo in cui fare sciopero significava non mangiare. Gemma Perchi ci insegna che è possibile raggiungere obiettivi inimmaginabili pochi anni prima e, soprattutto, Gemma Perchi ci insegna il valore della solidarietà. Questa donna agiva, scioperava insieme alle operaie di altre fabbriche che stavano subendo vessazioni”, commenta Michael Bonelli. Cento anni di otto ore è un evento quanto mai attuale, che invita a riflettere sulle attuali condizioni di lavoro degli operai, in un periodo in cui ancora si contano tanti “morti bianche” (circa 3,1 decessi al giorno in Italia, secondo dati forniti dall’INAIL).
di I. Cofanelli