“Cerco la bellezza e la bellezza si trova ovunque.”
Lorenzo Cicconi Massi, fotografo e regista nato a Senigallia, racconta le Marche in Italia e nel mondo attraverso le sue immagini alla ricerca della bellezza dei luoghi delle persone e dei prodotti che rendono magica questa terra.
L’incontro con la fotografia è stato amore a prima vista?
Fin da bambino ho avuto attrazione per le grandi storie raccontate dal cinema.
Il cinema era la prima idea (che in parte ho realizzato), la fotografia è stato un naturale e più intimo proseguimento.
Le Marche hanno contribuito al tuo felice rapporto con la fotografia?
Le Marche sono un’idea felice che porto dentro di me. Sono il soggetto privilegiato e non solo lo sfondo di molte mie fotografie che non necessariamente rappresentano paesaggi.
Cosa ricordi e cosa porti con te del grande Mario Giacomelli?
Sono andato in cerca di Giacomelli e del suo pensiero, con l’umiltà di chi sa di scendere nel campo di un maestro assoluto. Il bianconero di Mario Giacomelli mi ha guidato, perché uno di Senigallia cresce vedendo le sue foto ovunque, nei bar, nelle case di amici, nel cassetto dei ricordi della propria casa. Giacomelli, molto più di altri, ci ha fatto capire che una buona foto nasce prima dentro la tua anima, poi la si può fermare nello scatto.
Perché hai deciso di restare nelle Marche?
Me lo chiedo quasi tutti i giorni. Forse la risposta sta proprio nelle mie fotografie o in quella volta che tornando dal primo lungo viaggio negli Stati Uniti, mi commossi alla vista della mia campagna.
Il luogo più suggestivo delle Marche?
Sono molti i luoghi che amo. Ma forse per vicinanza geografica e per i numerosi incontri con il mio sguardo, ho fotografato spesso le guglie che si stagliano su Ostra Vetere, in mezzo ad un paesaggio ondulato e largo, quieto e accogliente.
Cosa ricerchi particolarmente nel paesaggio marchigiano?
Le colline senza ombra di dubbio. Il dedalo di strade e stradine che le percorrono, i casolari abbandonati. Tutto è composto con equilibrio, senza essere mai troppo perfetto. La nostra bellezza non è urlata, spinge alla riflessione ed a un approccio più intimo.
Quali sono gli stimoli più importanti nel tuo lavoro artistico e di ricerca?
Cerco la bellezza e la bellezza si trova ovunque. È l’incredibile equilibrio degli elementi che compongono il quadro che abbiamo davanti ai nostri occhi. Noi siamo abituati a riconoscerla nei volti delle persone o nella maestosità di un paesaggio. Mi interessa scovare la bellezza meno stereotipata, quella che sfugge agli occhi dei più, che gioca a svelarsi a pochi, che ti sfida a cercarla.
La trovi sotto casa e ti attraversa come lo stesso raggio di luce che la illumina.
Che messaggio vuoi portare con le tue immagini delle Marche nel mondo?
Molta gente viene per il mare d’estate, ma il mare d’estate è una nostra invenzione e forse esistono spiagge migliori delle nostre. Vorrei convincere tutti a venire qui per perdersi nel grano di Giugno e poi ritornare per passeggiare sulla battigia a gennaio.
Che sensazioni suscitano le tue immagini delle Marche all’estero?
La risposta è banale ma non ne trovo altre: che questo posto è emozionante se siamo pronti noi a vederlo con gli occhi di Piero della Francesca, Leopardi e Giacomelli.
Come sei arrivato da Senigallia a Milano come fotografo dell’agenzia Contrasto?
Mi hanno contattato dopo la vittoria al premio Canon del 1999. Muovevo i primi passi e mi hanno contattato. Una bella scoperta per me, quelle cose che ti cambiano la vita, e se ancora non mi hanno sbattuto fuori vuol dire che sto facendo discretamente.
Tra i tanti premi ricevuti il Word Press Photo. Perché così tanta ricerca verso la figura umana?
L’uomo è mutevole e sorprendente, creatore e distruttore. Delle persone mi interessa tutto: le espressioni del volto, il carattere, l’intelligenza e l’ironia, la forma estetica. Per quanto la fiducia nell’umanità ogni tanto vacilli, penso che questo mondo senza la presenza dell’uomo sarebbe spaventosamente vuoto.
Collaborazioni con importanti brand del Made in Italy. Come ti piacerebbe raccontare il Made in Marche?
Mi piacerebbe raccontarlo come in genere nessuno fa mai. Pensare ad una storia, anche piccola, che ha protagonista l’uomo, insieme al mondo e all’azienda che si vogliono raccontare. Mostrare i prodotti avulsi dal contesto in cui sono creati, slegati dalle storie umane che ci sono dietro, è un modo di raccontare poco interessante.
Dalla fotografia alla regia e al mondo dei video dove apponi sempre un tratto di originalità. Cosa cambia per te tra queste due arti visive?
Non sono solo due modi di lavorare, sono due parti di me che mi portano a ragionare e avviare un processo creativo in modo molto differente; il cinema è una macchina elefantiaca, enorme, piena di gente che si muove avanti e indietro. Il tutto per organizzare un’inquadratura. Allora preferisco pensarmi in una collina, che inquadro, ragiono nel silenzio, o con la musica che arriva dalla mia macchina, lasciata con gli sportelli aperti. Ma è altrettanto vero che la varietà di emozioni che una buona storia cinematografica concentrata in un paio di ore ci regala, la rende una delle invenzioni più longeve e forti della storia dell’uomo.
Su cosa stai lavorando ora?
Sto realizzando dei video che raccontano del nostro saper fare con un’attenzione particolare alle aziende che in questi decenni si sono distinte per la qualità del loro lavoro, un mix sapiente di tradizione e modernità. Il progetto si chiama Visit Industry Marche.
Sei innamorato delle Marche e lo dimostri quotidianamente spendendoti come ambasciatore. Di cosa hanno più bisogno secondo te le Marche?
Le Marche devono proporsi in modo diverso al pubblico internazionale. Non si possono fare spot generici dove si vede tutto ma rimane poco. Noi dobbiamo comunicare un modo di vivere, una relazione profonda fra storia e vita contemporanea. Questa regione è ancora da scoprire nella sua interezza, e le persone che viaggiano vogliono scoprire per emozionarsi.
Progetti e sogni per il tuo futuro?
Girare un altro film per il cinema in questa terra con maggiore autonomia creativa e sguardo più maturo.
di A. Carlorosi