Elcito, una meraviglia del creato
Pietra, acqua, animali e vegetazione un mix naturale di elementi che un tempo resero sicuro un castello fortificato sullo sperone di roccia a oltre 800 metri sul livello del mare, chiamato anche il “Tibet delle Marche” che da lassù domina la valle con alle spalle il Monte San Vicino. Si tratta di una piccola frazione a pochi km da San Severino Marche: Elcito.
Un borgo incantato con una manciata di case quasi completamente disabitate dove il tempo sembra essersi fermato. Un castello, un’abbazia, una spettacolare faggeta e nelle immediate vicinanze il lago di Cingoli. Elcito rappresenta l’elemento caratteristico della Riserva Naturale del Monte San Vicino, è il posto ideale per la ricerca della tranquillità nel silenzioso fluire del tempo.
Un luogo un tempo soggetto alla regola benedettina “ora-et-labora” e dove è impossibile pensare non risvegliasse nell’animo dei monaci il senso inspiegabile della vera bellezza del creato.
La presenza dei monaci è testimoniata da una meravigliosa cripta non visitabile i cui capitelli con i loro motivi animali, vegetali ed evangelici rimandano a prima ancora dell’anno mille. Al tempo i monaci basiliani, vittime delle persecuzioni iconoclaste dell’ottavo secolo d.C., furono costretti dall’impero bizantino a nascondersi in grotte, foreste e pendici delle colline. Le stesse rappresentavano per loro luogo di alloggio e di preghiera.
Certo è che dopo l’anno mille qui sorse un’abbazia benedettina, la ricchissima Santa Maria in Val di Fucina con possedimenti che arrivavano fino a Jesi ed Osimo e una biblioteca che accolse sino alla fine del 1200 i custodi della cultura di quel tempo. Qualcosa di molto simile a quanto descritto da Umberto Eco nel “Il nome della rosa”.
Oggi dell’abbazia restano le mura di una chiesa a salvaguardia della cripta e in piedi nonostante i vari sisma.
Le pochissime persone che continuano ad abitare qui hanno un forte senso di comunità che si evince in ogni loro singolo gesto e dal forte spirito di appartenenza. Un orgoglio che accoglie chi nel Medioevo avrebbe chiamato viandante oggi più prosaicamente turista.