Fonte Avellana tra condivisione e spiritualità
Suggestivo il paesaggio, secolare la storia, qual’è oggi la sua funzione?
Cosa intendiamo per religione?
È utile ricordare che la religione è una questione culturale, un fatto di decisioni e convenzioni accettate nel tempo ed ha in sé i percorsi che servono ad ordinare la vita quotidiana, creando principi morali. Permette ai membri di una determinata cultura di comprendere ed affrontare ciò che è sconosciuto.
Perché percorsi spirituali oggi?
In una società in continuo mutamento, nel caos e nel disordine della globale fretta quotidiana, nel rincorrersi affannato del tempo, oggi più che mai è necessario concedersi una fuga dall’assillante quotidianità, un ritorno a noi stessi, un instante di intimità con il proprio IO ed un contatto con l’ambiente naturale.
Come soddisfare questa esigenza?
Un modo è quello di trascorrere un periodo presso le numerose comunità monastiche che offrono accoglienza e portano avanti silenziose attività tradizionali, attinenti al precetto religioso d’appartenenza.
Le Marche: itinerari e cammini del monachesimo
Nella Regione Marche, sulle vie dei romei, sono stati eretti monasteri, spesso non distanti tra loro, esistenti sin dai secoli VII e VIII. Ancor più diffuse le abbazie che popolano sin dal medioevo la nostra realtà territoriale: beni architettonici, archeologici, culturali ed ambientali da tutelare e valorizzare. Insediamenti simili a roccheforti, luoghi privilegiati per la difesa, la solitudine e la contemplazione costruiti tra le vallate, sulle cime delle colline, tra boschi e foreste.
L’Eremo di Fonte Avellana
Le Marche vantano la presenza sul loro territorio, di un monumentale complesso spirituale: l’Eremo di Fonte Avellana. Dove è situato?
«Tra ‘ due liti d’Italia surgon sassi,
Dante, Divina Commedia, Canto XXI del Paradiso
e non molto distanti a la tua patria,
tanto che ‘ troni assai suonan più bassi,
e fanno un gibbo che si chiama Catria,
di sotto al quale è consecrato un ermo,
che suole esser disposto a sola latria».
Come Dante poeticamente scrive, il monastero si erge (a metri 700 s.l.m.) alle pendici della rocciosa fiancata orientale del monte Catria, nella località di Serra Sant’Abbondio, incastonato in una natura sconfinata che ricorda all’uomo la sua piccolezza. Il nome stesso dell’eremo deriva dagli alberi di nocciolo (avellane) che caratterizzano la zona boscosa.
Fondato nel 980 d. C., presumibilmente da San Romualdo di Ravenna, padre della congregazione benedettina camaldolese, il monastero ricevette un significativo sviluppo spirituale con San Pier Damiani. Nel 1139 ottenne il riconoscimento ufficiale del Papa Innocenzo II.
Dedicato alla Santa Croce l’eremo vanta un magnifico scriptorium (realizzato all’epoca di S. Pier Damiani) costruito secondo misura aurea e presso il quale gli amanuensi producevano copie di libri e trascrivevano codici.
La struttura comprende un vasto parco botanico ed ospita un’antica farmacia con prodotti a base di erbe propri della tradizione camaldolese.
Oggigiorno ospitalità, studio, preghiera e lavoro caratterizzano la vita dei monaci residenti nell’eremo.
Una vacanza nell’eremo
Quali sono, attualmente, gli aspetti caratteristici della vita dei frati? Qual’è rapporto con il mondo esterno? Per rispondere a questi quesiti, l’esperienza di chi vi ha soggiornato.
Come siete stati accolti?
“L’accoglienza che i frati Camaldonesi ci hanno riservato è stata molto cordiale, pacata, ma calorosa. Abbiamo conosciuto pressoché tutte le persone che vivono nel monastero ed abbiamo avuto modo di avere un dialogo con ognuno di loro”.
Eravate a contatto con i monaci durante le giornate?
“Per tutta la permanenza abbiamo partecipato attivamente alla vita dei monaci in tutti gli aspetti della giornata e nei momenti di raccoglimento. Avevamo libero accesso alle biblioteche e agli uffici dove i frati svolgevano le attività del monastero, per cui potevamo parlare con loro tutto il tempo anche privatamente per discutere sulla religione, su noi stessi; ci sentivamo ascoltati, mai giudicati”.
Durante la vostra permanenza che parti del monastero avete visitato?
“Essendo capitati a Fonte Avellana in un periodo calmo, abbiamo avuto la possibilità e la fortuna di visitare gran parte della struttura del monastero. I nostri accompagnatori avevano molto entusiasmo nel raccontarci la storia, le curiosità, gli aneddoti di quei luoghi, soffermandosi in particolare sul ruolo dello scriptorium, sulla diffusione dei manoscritti. Importante anche la biblioteca più antica in cui sono raccolti numerosi e preziosi volumi anche di Dante Alighieri”.
Per i monaci cosa rappresenta Dante?
“Si capisce che Dante è una figura molto importante, perché sulla facciata del monastero c’è un’epigrafe con un verso del paradiso, e questo porta a credere agli studiosi, seppur senza certezza, che Dante abbia soggiornato presso la struttura. Quello che ci è stato raccontato da alcuni frati è che Dante, pare, si sia rifugiato presso il monastero forse per sfuggire ad una persecuzione”.
Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
“Questa è stata sicuramente un’esperienza molto intensa, la consiglio a tutti, perché il monastero di Fonte Avellana è un posto magico che evoca spiritualità e allo stesso tempo dà modo di godere di un vero e proprio monumento unico al mondo”.
di P. Donatiello