Loro Piceno e la Rete Museale dei Sibillini: un sistema di valorizzazione territoriale
Un vero patrimonio artistico dimenticato
Loro Piceno è un comune della provincia di Macerata che sorge su una collina nella zona compresa tra Macerata, San Ginesio e il torrente Fiastra.
Il nome del comune deriva dal latino Castrum Lauri, ovvero Castello di Lauro. Il Castello, edificato probabilmente nella metà del XIII secolo, sorge sui resti di una fortificazione romana, sebbene il primo nucleo insediativo attestato risalga all’epoca pre-romana. A testimoniarlo, il ritrovamento di una stele funeraria a caratteri piceni attualmente conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Ancona.
Alla fine del XIV secolo, i Signori di Loro persero il diritto sul paese e il complesso architettonico ospitò luoghi di interesse pubblico. Dalla metà del XVII secolo la struttura dell’antica rocca subì notevoli trasformazioni in quanto il castello venne adibito a monastero del Corpus Domini.
L’assetto urbano di Loro Piceno è identico a quello che aveva in epoca medievale: suddiviso in quattro quartieri, è composto da vicoli e ripide salite che conducono al castello, dove si staglia una vista panoramica sui maestosi Monti Sibillini.
La cultura del Vino cotto
Visitare Loro Piceno consente di fare un tuffo nella memoria storica d’Italia e delle Marche ed immergersi nelle tradizioni regionali. Questo aspetto è ricordato dalla sua conformazione urbanistica che parla di una tradizione fortemente radicata, quella del vino cotto, che ha plasmato perfino l’architettura di questo comune di duemila abitanti. I palazzi che fiancheggiano le vie cittadine, infatti, sono stati conformati in funzione della pigiatura dell’uva e della bollitura del mosto, che veniva realizzata all’interno di grandi caldaie in rame poste in una struttura in muratura.
Il vino che si ottiene, ancora oggi, attraverso la bollitura del mosto che viene poi fatto fermentare. Presenta caratteri forti, un colore giallo ambrato, dolce ma con un retrogusto amarognolo. Vino tipicamente marchigiano, viene chiamato dai locali anche occhju de gallu, per le sue tonalità giallastre tendenti al nocciola.
Il vino cotto era particolarmente apprezzato già dai romani, che amavano banchettare con questo nettare inebriante aggiungendovi spesso del miele come aromatizzante. Lo testimoniano perfino le citazioni scritte di Plauto e Plinio il Vecchio che risalgono rispettivamente al 191 a.C. e al 70 d.C.
Un tempo questo vino era consumato come bevanda energetica e dissetante, spesso allungata con acqua durante il lavoro nei campi e utilizzata in caso di malanni come un vero e proprio medicinale.
Sebbene questo vino sia un prodotto tipico dalla storia millenaria, dal punto di vista legislativo ha avuto una storia piuttosto travagliata. Nel 1985, infatti, ne fu perfino vietata la commercializzazione perché, in quanto cotto, non veniva considerato propriamente un vino. Fortunatamente, nel 2000 il vino cotto è stato inserito nell’elenco nazionale dei prodotti tradizionali. Attualmente è tutelato da un’associazione di produttori, promossa dal comune di Loro Piceno, dalle camere di commercio di Macerata ed Ascoli Piceno, che sta lavorando alla redazione di un disciplinare che consenta di arrivare ad ottenere la DOP per questo prodotto unico nel suo genere.
La tradizione del vino cotto di Loro Piceno è tenuta viva nella memoria grazie al Museo permanente delle attrezzature per il vino cotto, che rappresenta una testimonianza della produzione del passato di questa bevanda tradizionale. Il percorso museale è composto da installazioni multimediali che consentono al visitatore di immergersi nelle atmosfere del passato, e dai numerosi oggetti, quali canestri, canne in vimini, cassette di legno, torchi e utensili, utilizzati per la vendemmia e per la realizzazione di questo lento processo di vinificazione. La mostra è ospitata nei suggestivi locali adiacenti il chiostro della chiesa di San Francesco.
Loro Piceno, patria del vino cotto, celebra ogni anno questa antica tradizione con un festival. Nato nel 1948, inizialmente come sagra, è diventato un evento di importanza regionale e non solo.
In occasione dell’ultima edizione del Festival del Vino cotto, Loro Piceno con la sua nuova amministrazione guidata dal sindaco Ilenia Catalini, insieme alla rete museale dei Sibillini, ha voluto dare un’impronta diversa a questo festival, sottolineandone l’aspetto culturale. Nell’edizione numero 46 del Festival sono stati inseriti degli eventi culturali legati ai tesori nascosti di Loro Piceno: dopo una lectio magistralis di Vittorio Sgarbi sui capolavori di Loro Piceno, nell’ambito dell’evento La Sibilla e i Nuovi Visionari, il vino è stato raccontato attraverso diverse chiavi di lettura: filosofica, medica, enogastronomica. In questa occasione Massimo Donà, filosofo e professore dell’Università San Raffaele di Milano, ha raccontato la civiltà attraverso il vino e la figura emblematica di Dioniso. L’ultima edizione, che ha avuto un’importante partecipazione del pubblico, ha segnato una svolta per il Festival del Vino cotto, ponendo importanti basi culturali ad un evento che fino ad allora era puramente enogastromico.
Il Museo permanente delle attrezzature per il vino cotto fa parte della rete museale dei Sibillini, alla quale Loro Piceno ha aderito sposando in tal modo il progetto di impresa culturale che ne è alla base. Una svolta decisiva che indica la strada che il comune sta perseguendo e che ha permesso, aderendo all’iniziativa Capolavori Sibillini, la messa in sicurezza, dopo gli eventi sismici, del patrimonio artistico di Loro Piceno, nonché la scoperta di numerose opere che giacevano all’interno dei depositi e dunque la possibilità di riportarle alla luce e restituirgli la meritata valorizzazione.
di S. Cecconi