Maria Goretti, la Santa bambina che nacque a Corinaldo
Incarnazione dei valori ecclesiastici, icona per il fascismo, esempio per le militanti del Pci. La breve vita di Maria e la nascita del culto
Nel caratteristico borgo di Corinaldo, in Provincia di Ancona, nasceva, il 16 ottobre 1890, Maria Goretti, la bambina che il 24 giugno 1950, in piazza San Pietro, sarebbe stata proclamata Santa.
All’età di sette anni, insieme alla famiglia, a causa delle precarie condizioni di vita, Maria è costretta a lasciare la piccola casa marchigiana e trasferirsi nelle campagne laziali. La famiglia di Maria si stabilisce in una casa, una costruzione seicentesca chiamata Cascina Antica, che condivide con la famiglia Serenelli, padre e figlio. La vita di Maria era simile a quella di molti bambini della sua epoca, fatta di lavoro nei campi, malnutrizione e carenti condizioni igienico-sanitarie. Il territorio nel quale Maria e la sua famiglia vanno ad abitare era paludoso e malarico, tanto che quando la piccola ha dieci anni, perde il padre a causa della malaria.
L’infanzia di Maria non scorre serenamente. Il giovane coinquilino della bambina, Alessandro Serenelli, nel corso di quegli anni tenta ripetuti approcci verso di lei. Questi continui tentativi di avvicinamento da parte del ragazzo, culmineranno il 5 luglio 1902 con l’ennesimo rifiuto di Maria, che per questo verrà colpita più volte con un punteruolo dal giovane. All’epoca dei fatti Maria ha dodici anni, il suo aggressore circa venti. Maria morirà il giorno seguente nell’ospedale di Nettuno per setticemia.
Nasce così il culto di Maria Goretti. Grazie all’interessamento dei passionisti e poi dell’Azione Cattolica romana, che ricostruiscono sempre nuovi e fantasiosi dettagli biografici, la devozione per Maria Goretti si diffonde tra gli strati più umili della popolazione, in particolare quelli rurali, appartenenti allo stesso mondo in cui la piccola era cresciuta.
Nel 1929, a quasi trent’anni dalla morte della giovane, padre Aurelio Verticchio scrive una biografia sulla bambina in cui ne esalta la spiritualità e la tenacia dimostrata durante l’aggressione volta a mantenere intatta la sua purezza.
Anche il regime fascista si appropria della tragica storia di Maria per esaltarne le virtù di purezza e regalare un’icona contadina alle popolazioni delle paludi appena bonificate.
Persino al volto di Maria vengono attribuiti, in maniera del tutto arbitraria, simboli ben precisi attraverso la sua riproduzione pittorica. La bambina viene dipinta bionda, in buona salute, con qualche anno in più, dal pittore Giuseppe Brovelli-Soffredini. Di Maria non vi sono fotografie all’epoca. Solo nel 2017, il giornale “Famiglia Cristiana” ritrova una fotografia che ritrae Maria poco prima della sua morte. Il suo aspetto in ogni caso viene ricostruito dall’esame autoptico. Maria era alta un metro e trentotto, era vistosamente sottopeso e presentava sintomi di malaria in fase avanzata. Una descrizione che ci restituisce un’immagine ben diversa della bambina rispetto a quella ricostruita nel dipinto ufficiale.
La figura di Maria Goretti viene presa in prestito anche dal mondo non cattolico, diviene icona comunista con Enrico Berlinguer che trova nel coraggio e nella tenacia della bambina un esempio per le giovani militanti del partito. Negli anni Settanta, nel periodo di affermazione del femminismo, la figura di Maria Goretti perde gradualmente popolarità a causa della visione estremamente tradizionale della donna che essa veicola.
Non mancano controversie circa la sua vita, ma soprattutto relative al cammino che ha portato al culto, alla sua beatificazione e santificazione.
Secondo alcune fonti, l’attività intrapresa dalla Chiesa, e poi la biografia scritta nel 1929 sulla sua vita, è frutto di invenzioni volte a creare una figura che possa incarnare i valori sacri e che si opponga alla dissolutezza degli ideali anticlericali. Come riferito, la figura di Maria Goretti viene presa in prestito anche dai non cattolici.
Nel 1984 Giordano Bruno Guerri pubblica il libro Povera Santa, povero assassino (Bompiani 2008), in cui il saggista racconta la storia di Maria come il risultato tragico di condizioni di vita miserabili e di diffusa ignoranza, suggerendo una strumentalizzazione da parte della Chiesa. L’uscita del libro genera accuse, denunce e un procedimento legale che terminerà con l’archiviazione per non luogo a procedere.
Il culto di Santa Maria Goretti resta tutt’oggi molto sentito. I luoghi della sua infanzia sono meta di pellegrinaggio da parte di devoti provenienti da tutta Italia e dall’estero. Uno di questi è la sua piccola casa natale che sorge poco distante dal centro storico di Corinaldo. Una costruzione in mattoni su due livelli, che conserva alcuni mobili originali della famiglia Goretti. A lei è dedicato anche il santuario che prende il suo nome all’interno della chiesa di San Nicolò, comunemente detta di Sant’Agostino, che conserva le spoglie mortali della mamma Assunta deceduta a Corinaldo nel 1954 e quelle del pentito Alessandro Serenelli. Nell’altare centrale, vicino ad una scultura lignea di Santa Maria Goretti, è posizionata un’urna in argento contenente l’osso del braccio della Santa, braccio con il quale la bambina tentò di difendersi dal suo aggressore. A destra dell’ingresso, nella chiesa parrocchiale di San Francesco, è presente un piccolo monumento in marmo bianco di Carrara dedicato a Santa Maria Goretti. Nel battistero, sotto una vetrata rotonda, è posto il fonte battesimale in cui la Santa fu battezzata il 17 ottobre 1890.
Ripercorrendo la vita di Maria Goretti, le molteplici interpretazioni sulla sua vita, sulla sua morte, sulle sue ultime parole prima di morire (“io perdono tutti”), sull’uso della sua figura utilizzata dai cattolici, dal fascismo, dai comunisti, non possiamo con certezza stabilire quale sia la versione meno fantasiosa e che quindi si avvicina di più alla realtà dei fatti, alla vita della bambina. Possiamo però giungere ad una riflessione: la figura di Maria Goretti, la bambina uccisa perché rifiutò una violenza sessuale, è sicuramente un simbolo forte e potente, e che per questo è stata utilizzata, per i propri fini, sia da una parte, sia dall’altra. Inoltre, la storia di Maria, nonostante gli anni trascorsi, le migliorate condizioni sociali e culturali, è la storia che sentiamo ogni giorno al telegiornale e che leggiamo sui quotidiani. E la storia di un “no” che non viene accettato. È una storia che continua a ripetersi. È una storia dove predominano l’ignoranza, il senso del possesso, la violenza, che ci suggerisce che ancora molta strada c’è da fare perché fatti del genere non si ripetano più.
di S. Cecconi