Napoleone nelle Marche
Il generale Bonaparte alla conquista della regione: strategie militari, razzie, battaglie ed eredità del periodo napoleonico marchigiano
Ancona e il mare che lambisce le coste marchigiane sono di importanza strategica nei piani espansionistici del generale Bonaparte. Sebbene inizialmente l’interesse verso l’Italia e il fazzoletto di mare che bagna la terra marchigiana sia solo indiretto, ben presto quest’ultimo assume rilievo fondamentale. Napoleone Bonaparte, vittorioso nella sua campagna italiana, invade le Marche dopo aver costretto il 20 giugno 1796 Papa Pio VI a firmare l’armistizio di Bologna, permettendo così l’occupazione di Ancona da parte dell’esercito francese. Le truppe francesi occupano in rapida successione Pesaro, Fano, Ancona, Macerata, Tolentino e Camerino. La popolazione si divide tra una parte che vede in Napoleone un portatore di nuove idee riformatrici, e l’altra, ostile all’invasione francese e preoccupata per le sorti del territorio.
L’occupazione delle Marche è prima di tutto una mossa strategica messa in atto dal generale volta ad ostacolare i suoi due principali nemici: gli inglesi, interessati ad avere un corridoio per i commerci con il levante e gli austriaci, fino a quel momento dominatori dell’Adriatico grazie ai possedimenti veneti. Le intenzioni di Napoleone sono principalmente quelle di asfissiare economicamente l’Inghilterra e affondare l’Austria. Solo in un momento successivo, dopo aver sbaragliato i suoi principali avversari, Napoleone mirerà alla conquista delle Marche.
Nel febbraio 1797 novemila soldati francesi invadono la Romagna, sbaragliando le forze pontificie a Faenza. La Santa Sede è costretta ad una trattativa per ottenere la cessazione delle ostilità. Così il 19 febbraio 1797 viene concluso a Tolentino il trattato di pace, dove la Francia rivoluzionaria impone a Papa Pio VI una serie di pesanti condizioni, tra cui l’occupazione militare di Ancona e il sequestro di numerose opere d’arte. Il trattato di Tolentino completava e aggravava le clausole dell’armistizio di Bologna.
Nei mesi successivi, nelle città di Ancona, Macerata, Recanati e Ascoli, furono istituite delle Repubbliche che, nell’aprile successivo, furono incorporate nella Repubblica Romana proclamata il 15 febbraio 1798.
Nelle Marche, Napoleone, non trova solo un porto strategico ma anche un immenso patrimonio artistico da trafugare e che andrà ad arricchire le casse francesi. Sempre nelle Effemeridi si legge: “La provincia di Macerata cognita più comunemente sotto Marca d’Ancona è una delle più belle e certamente la più ricca degli stati del Papa”. Solo a Loreto, le truppe francesi requisirono 94 chili d’oro e 17 quintali d’argento, quadri, cristalli di Boemia e non risparmiarono nemmeno la statua della Madonna nera con le sue reliquie.
Le vicende della Repubblica si conclusero nel settembre 1799 con l’invasione delle truppe austro-russe: le Marche tornarono a far parte dello Stato della Chiesa, ma solo fino al 1808, quando, in seguito alla seconda Campagna d’Italia di Napoleone, divenuto Imperatore, furono annesse al Regno d’Italia, governato dal viceré Eugenio de Beauharnais, figlio della prima moglie di Napoleone. La regione fu suddivisa in dipartimenti: il Metauro con capoluogo Ancona, il Musone con capoluogo Macerata e il Tronto con capoluogo Fermo.
L’età napoleonica nelle Marche si concluse definitivamente con la sconfitta francese nella grande battaglia combattuta nel maggio 1815 nella piana del Castello della Rancia, nei pressi di Tolentino, tra le truppe austriache e quelle comandate da Gioacchino Murat, generale francese, re di Napoli e maresciallo dell’Impero con Napoleone Bonaparte.
A ricordo di questo importante avvenimento, ogni anno si tiene, in quegli stessi luoghi, la Rievocazione storica della Battaglia di Tolentino.
Il passaggio di Napoleone ha depauperato fortemente il patrimonio culturale delle Marche, così come in tutta la penisola. Dall’altra parte però si è assistito ad una fervente attività in campo architettonico. Quel che resta dell’invasione napoleonica si riflette non solo in una apertura culturale e un rinnovamento politico e sociale, ma anche nel lascito materiale: architettura civile, militare e religiosa. Se si pensa a Napoleone nelle Marche non può non venire alla mente il Fortino napoleonico nella baia di Portonovo, costruito nel 1810 con l’intento di impedire lo sbarco di navi della flotta inglese che si rifornivano di acqua potabile alla Fonte di Portonovo. Divenuto uno dei simboli della costa anconetana, anche qui ogni anno, lo scontro tra i soldati italo-francesi del Regno Italico e la flotta navale inglese avvenuto nella baia, rivive nell’evento “Porto Nuovo 1811”.
Per quanto riguarda l’architettura religiosa, nel 1806, sotto l’influenza e lo stile napoleonico, venne completamente ricostruito il duomo di Camerino, distrutto dal terremoto del 1799. Lo stesso architetto incaricato, l’arceviese Andrea Vici, si occupò anche della costruzione della cattedrale di Treia.
L’architettura civile ereditata dal periodo napoleonico nelle Marche è caratterizzata soprattutto da ville erette per commercianti e notabili e per i parenti del generale. Tra queste Villa Favorita ad Ancona e la residenza di Girolamo Bonaparte, una grande villa costruita a Porto San Giorgio, oggi nota come villa Pelagallo. Mentre, a Civitanova Marche sorge Villa Eugenia, luogo di soggiorno e di riposo di un altro fratello di Napoleone, Luigi Bonaparte.
Molto è stato tolto alla regione durante l’invasione francese, molto è stato ereditato, un lascito materiale e immateriale. Tra le eredità ne ricordiamo una che più di tutte caratterizza dal punto di vista identitario le Marche: è l’attuale nome della regione che, con l’annessione al Regno d’Italia napoleonico, venne per la prima volta denominata ufficialmente al plurale, Marche. Un nome, un’identità, che descrive in pieno, ancora oggi, un’unica regione dalle tante sfumature.
di S. Cecconi