Non aver paura di sognare
La Petite Terrible anconetana sul tetto d’Europa
Se “Petite” è il nome dell’imbarcazione con cui solca i mari d’Europa, sicuramente non lo sono il carattere e la tenacia con cui una giovane anconetana di venticinque anni cerca di trovare un suo posto nel mondo. Questa è la storia di una donna ribelle, caparbia e ostinata che non ha paura di sognare in grande, non ha timore di farsi strada in un mondo ritenuto prevalentemente appannaggio degli uomini. È la storia di Claudia Rossi che, un giorno d’estate di quattro anni fa, con i suoi freschi 21 anni, prende in gestione una barca in disuso dall’università di Ancona, la rimette a nuovo a proprie spese e inizia a veleggiare nell’Adriatico. Dalle prime regate alla conquista dell’Europa il passo è breve, tanto che oggi Claudia è l’unica donna nominata al titolo di Armatore/Timoniere del 2017, premio che verrà assegnato il prossimo 12 marzo a Roma, nell’ambito della serata riservata a “Il Velista dell’Anno FIV”. Una nomina che le giunge assolutamente inaspettata, ma che la riempie di orgoglio.
Ti aspettavi di essere tra i candidati per “Il Velista dell’Anno”?
È stato molto emozionante quando l’ho saputo, non me l’aspettavo. Questo per me è un mondo nuovo, dove ci sono davvero tanti armatori e timonieri forti, quindi non avrei mai pensato di essere selezionata. Ho sempre vissuto da spettatrice a questo premio: in passato ho assistito alla cerimonia di premiazione quando era stato candidato mio padre. Ricordo che erano presenti i velisti che sono da sempre i miei miti. Pensare che quest’anno sarò io sul palco insieme agli altri candidati è davvero emozionante e una grande soddisfazione.
Quando è nata la tua passione per la vela?
La mia passione è nata per caso quasi cinque anni fa, seguendo proprio l’impronta di mio padre, per il quale ogni occasione era buona per portarmi in barca, fin da quando ero bambina. Da adulta volevo cercare un modo tutto mio per coltivare questa passione e ho approfittato dell’imbarcazione in disuso messa a disposizione dall’università. Non avevo conoscenze particolari. Ricordo il giorno che ho messo la barca in mare: non avevo il coraggio di rientrare all’ormeggio perché non avevo idea di come andasse effettuata la manovra e avevo paura di danneggiare la barca. Ho imparato tutto sul campo.
Tuo padre Alberto è stato cinque volte campione del mondo con la sua Enfant Terrible-Adria Ferries. Quanto ha inciso nella tua passione per la vela essere “figlia d’arte” e quanto è stato importante il supporto della tua famiglia?
Il supporto dei miei è fondamentale: mi hanno appoggiato sin dal primo momento, quando ho deciso di aprirmi a questo nuovo stile di vita. Condivido con loro questa mia passione. Io e mio padre spesso regatiamo contro ed è stato proprio grazie a lui che sono riuscita a inserirmi nel mondo delle regate. Mia madre e le mie sorelle sono sempre al mio fianco, sono delle grandi supporters.
La tua imbarcazione si chiama Petite Terrible-Adria Ferries. Da dove nasce questo nome e com’è il rapporto con l’equipaggio?
Per quanto riguarda il nome della barca ho cercato di seguire quello di mio padre, anche lì c’è la sua impronta. L’equipaggio per me è una seconda famiglia. Quando ho scelto di andare in barca ho deciso di circondarmi di persone con cui mi trovavo bene. Con l’equipaggio ho infatti un profondo rapporto di amicizia. Abbiamo un legame fortissimo: questa è stata la chiave del successo del mio team: siamo uniti, pronti a darci la carica quando facciamo un errore.
Le tue più grandi soddisfazioni e delusioni.
La più grande delusione è stata al Mondiale di San Francisco del 2016, in cui eravamo primi in classifica, ma non siamo riusciti a gestire bene lo stress e abbiamo visto sfumare il titolo. Il ricordo più bello che ho è stata invece la vittoria all’Europeo di Kiel nel 2016, il mio trampolino di lancio. Sono andata in Germania con l’intento di divertirmi e giocare con il mio equipaggio in mezzo a una miriade di altre barche. Invece ci siamo ritrovati dopo pochi giorni primi in classifica e nessuno di noi se lo aspettava. Siamo stati bravissimi a gestire l’ansia, la pressione e alla fine ci siamo portati a casa il titolo con una prova di vantaggio. E’ stata la soddisfazione più grande in assoluto.
Com’è trovarsi in un mondo prevalentemente maschile? Ti sei dovuta fare strada?
Quello della vela è un mondo maschile, ma sono riuscita subito a farmi valere, ho avuto rispetto da parte degli uomini che inizialmente non mi vedevano come una possibile avversaria, ma poi si sono resi conto che anche una donna riesce a tenere a bada gli uomini nel campo di regata. In realtà si sono create delle grandi amicizie tra di noi, è un bellissimo ambiente.
Hai una laurea in Economia e Commercio e stai conseguendo la laurea magistrale in Economia e Management. Come riesci a conciliare lo studio con gli allenamenti e la vita privata?
Ho sempre portato avanti lo studio con lo sport, anche se con ritmi più lenti per via degli allenamenti. Durante l’inverno mi concentro sugli esami e limito le sessioni di allenamento al fine settimana. Da marzo in poi, quando iniziano le regate, mi concentro maggiormente su queste e tralascio lo studio. Riesco a coniugare tutto perché gli allenamenti in barca non sono tutti i giorni, ma dieci giornate al mese. Quando iniziano le regate diventa difficile vedere le mie amiche e condividere del tempo con loro. Siamo sempre in giro per l’Italia o per il mondo, ma sono sacrifici che per la vela faccio volentieri.
Qual è il rapporto con la tua città, Ancona?
Sono molto legata ad Ancona. E’ la città in cui sono cresciuta e in cui mi trovo estremamente bene. Mi fa piacere pensare di essere un esempio nel mondo della vela e dello sport per le ragazzine della mia zona e sono grata del forte riconoscimento che questa città mi ha sempre dimostrato per ciò che ho conseguito nel mondo delle regate.
Che messaggio lanceresti ai giovani che hanno un obiettivo da raggiungere?
Un messaggio che ho sempre lanciato deriva dalla mia esperienza personale: non aver paura di sognare in grande. Io non pensavo mai di poter intraprendere questa strada e raggiungere tali risultati. Sono convinta che se una persona è in grado di sognare, è capace anche di raggiungere determinati obiettivi.
Che consigli daresti a chi volesse avvicinarsi al mondo della vela? Secondo te ci vuole un talento particolare?
Questo è uno sport estremamente bello, perché ricco di variabili. Per fare la differenza occorre trascorrere tante ore in acqua. Il consiglio è avvicinarvisi lentamente e divertirsi ogni volta che si naviga. È uno sport che dà molto. Forse un po’ bisogna avercelo nel sangue, ma l’esperienza si fa in mare. Ho ancora molte cose da imparare, ho tante lacune, ma con le persone giuste e trascorrendo tanto tempo in mare si riesce a raggiungere alti livelli.
Segui una dieta particolare durante gli allenamenti?
In realtà no. Non partecipo a classi olimpiche e ho uno stile di vita più rilassato rispetto ad altri atleti.
Sogni nel cassetto?
Mi piace sognare in grande, non ho mezze misure. Il mio sogno nel cassetto è quello delle Olimpiadi. Cercherò di concludere l’università e poi mi dedicherò a inserirmi in questo mondo.
di I. Cofanelli