Rosora, il balcone della Vallesina
“Quassù è come la prua di una nave”, dicono questo gli anziani del paese riferendosi alla loro Rosora, il paese della provincia di Ancona arroccato sulla cima di un colle di arenaria, dal quale è possibile godere di un vasto e variegato panorama che va dalle dolci colline circostanti, alle Catene dei Monti Sibillini e del Catria, fino al mare Adriatico. Proprio per questo l’abitato di Rosora, con i suoi 381 metri sul livello del mare, è stato ribattezzato “il balcone della Vallesina”.
Rosora è un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato, dove i ritmi sono lenti e lo scorrere delle ore è scandito dal rintocco delle campane. Nei mesi più freddi, la sensazione di essere fuori dal tempo e distaccati da tutto e da tutti, è enfatizzata dalla fitta nebbia che avvolge il paesaggio circostante, lasciando invece del tutto immune Rosora, che sembra così galleggiare, proprio come una nave, su un manto di bruma.
Se gli anziani del paese paragonano Rosora alla prua di una nave per la vista che la sua altitudine regala, l’appellativo si sposa benissimo anche con un’altra caratteristica del paese: la presenza di sedimenti marini del Pliocene ricchi di fossili, dono del mare che milioni di anni fa occupava questa zona.
Dal Pliocene è necessario fare un grosso salto in avanti nel tempo per arrivare al VI secolo, periodo in cui Rosora ebbe origine, ovvero quando gli abitanti della vallata sottostante cercarono riparo in questa zona boscosa ed impervia per sfuggire all’invasione dei Longobardi. Passata da un agglomerato di capanne alle costruzioni in muratura, solo dopo il Mille, Rosora assunse la conformazione di castello fortificato circondato da mura.
Il nome “Rosora” compare per la prima volta nel 1100 in un documento, e si pensa derivi da “rus area”, probabile riferimento alla colorazione rossiccia del tufo presente nella zona. Secondo altre fonti invece, il toponimo deriverebbe da “rasa area”, nome attribuitogli in seguito al disboscamento realizzato dai monaci benedettini. Rosora seguì e subì le sorti di Jesi fino al XIV secolo, quando il paese passò sotto il controllo dei Simonetti. Sotto il dominio dello Stato Pontificio fino al 1860, la storia di Rosora converge poi in quella del Regno d’Italia.
A Rosora, ancora oggi è possibile ammirare il torrione risalente al XV secolo, i locali sotterranei del Castello, il sottopassaggio delle mura, una delle porte d’ingresso del castello con i suoi cardini e parte della cinta muraria. Inoltre, è possibile visitare la chiesa parrocchiale di San Michele arcangelo, costruita nel 1700 a poca distanza dal sito in cui sorgeva l’antica chiesa romanica. Quest’ultima fu abbattuta in quanto gravemente lesionate dalle scosse di terremoto che si erano susseguite durante il secolo precedente.
La nuova chiesa di Rosora fu edificata utilizzando parte degli elementi difensivi del castello, e per questo la sua pianta differisce da quelle di altre chiese costruite nella stessa epoca nella regione Marche. Al suo interno si può ammirare una pala raffigurante San Michele Arcangelo eseguita da Luigi Mancini, pittore di Jesi, nel 1820, un’urna di cristallo, posta sotto l’altare, in cui sono deposte le reliquie del martire Agapito, uno dei primi martiri della cristianità. Nella cappella di sinistra è posto un crocifisso ligneo realizzato da Pier Domenico Neofrischi, artista jesino del 1600, che il 3 maggio di ogni anno la popolazione di Rosora onora solennemente. Infine, sempre all’interno della chiesa è custodita una tela attribuita a Andrea da Jesi raffigurante San Giovannino. Oltre alle bellezze architettoniche ed artistiche, Rosora offre la possibilità di immergersi totalmente in una natura incontaminata e rigogliosa. Oltre alle passeggiate a ridosso di ulivi e vitigni, Rosora è ricca di itinerari che conducono alla scoperta di paesaggi con una varietà naturalistica importante. Uno di questi è il Fosso di Rosora o Fosso del Granchio Nero, un corso d’acqua affluente dell’Esino il cui ambiente è popolato da poiane, civette, barbagianni, volpi e dal granchio nero, un esemplare raro e protetto che vive solo in acque dolci e incontaminate.
Il percorso, dotato di segnaletica, è accessibile da più punti lungo i suoi otto chilometri. Dal fosso di Rosora è poi possibile intraprendere l’itinerario dei Calanchi, dove sono ancora visibili i fossili di pesci e conchiglie lasciate dal ritiro del mare, oltre alle spettacolari conformazioni del terreno dovute all’erosione da parte dell’acqua.
Rosora, è anche uno dei castelli di Jesi noti per la produzione del Verdicchio e per molti anni, precisamente per venti edizioni, per onorare la tradizione vinicola, a Rosora si è tenuta la Festa della Sapa, la celebrazione di un condimento antichissimo ottenuto dalla riduzione del mosto e che nella tradizione culinaria delle Marche rappresenta un alimento importante, capace di arricchire in passato i piatti poveri dei contadini marchigiani ma anche di esaltare il sapore dei dolci tradizionali che ancora oggi si preparano nella nostra regione. Questa festa, che quest’anno purtroppo non si è tenuta, rappresenta comunque perfettamente lo spirito di questo paese grato alla sua storia, che celebra e ringrazia, legato alla tradizione e agli antichi costumi e rispettoso del proprio territorio.
di S. Cecconi