Santa Croce a Sassoferrato, l’abbazia dei misteri
Posta su un’altura, nascosta dalla vegetazione, può sembrare una piccola chiesa di campagna, eppure nasconde molti segreti…
Niente è ciò che appare
Nascondere, celare, occultare e custodire. Sono queste le parole che sovvengono dopo aver scoperto un luogo, che come solo con i tesori si tende a fare, viene negato alla vista.
Posto in posizione sopraelevata lungo il corso del Sentino, a Sassoferrato, sorge il particolare e misterioso complesso abbaziale di Santa Croce.
La particolarità più importante di questa, che in apparenza sembra essere una chiesetta di campagna, è quella di inglobare dentro di sé una splendida abbazia che dall’esterno è impossibile, oltre che vedere, immaginare.
Santa Croce è una chiesa dentro un’altra chiesa. Solo entrando e passando per una porticina laterale che porta ad un corridoio, è possibile arrivare al tesoro: vedere effettivamente la parte esterna dell’abbazia, le mura che un tempo erano esterne, ora racchiuse dentro altre mura.
Un luogo suggestivo, mistico e misterioso dove stili architettonici e simboli si mescolano realizzando un mix armonico dove nulla stride, ma semmai innalza il livello estetico e spirituale.
Persino sulla data di fondazione esistono pareri discordi. Pagnani, storico di Sassoferrato, ritiene che sia stata fatta costruire dai Conti Atti, signori di Sassoferrato, nel XII secolo, per ospitare i monaci camaldolesi provenienti dalla vicina abbazia di San Vittore alle Chiuse.
Uno scritto trovato a San Vittore invece, farebbe pensare che l’abbazia sia stata realizzata precedentemente, così come ipotizza anche una studiosa tedesca che ritiene che la chiesa sia stata edificata nel 1090. Mentre altri storici, dopo aver osservato i capitelli presenti all’interno della chiesa, hanno datato la sua fondazione addirittura all’800.
Sebbene ci siano convinzioni diverse relative alla sua edificazione, la cosa certa è che la chiesa è stata costruita con i resti dell’antica città romana di Sentinum. All’interno è possibile riconoscere infatti, tra i tanti ruderi romani, un’urna cineraria, una lapide di due schiavi resi liberi, un altare romano.
Cristianesimo e paganesimo: un mix armonico
La chiesa è stata costruita sopra le rovine di un tempio dedicato al dio Mitra, il cui culto che ha origini orientali, è stato introdotto nella Roma imperiale diffondendosi poi in tutte le province.
Al piano superiore della chiesa sono visibili due capitelli scolpiti che rappresentano proprio il sole e la luna sotto forma di volti umani e che richiamano il culto del dio pagano.
All’interno, guardando le pareti, i capitelli e le colonne continua ad emergere quella mescolanza che racconta di tempi, di luoghi e persino di credenze diverse. Se su una parete vi sono raffigurazioni che celebrano il dio Mitra o la madre terra, – ad esempio attraverso la rappresentazione di una sirena a due code – su un’altra è possibile riconoscere simbolismi templari.
Infatti, quasi su ogni parete è raffigurata una croce templare, scolpita o apposta. Su uno dei capitelli è inoltre, scolpita l’investitura di un cavaliere templare, mentre su un altro è raffigurato un Cristo trionfante con accanto Maria Maddalena che gli porge una brocca, e che inevitabilmente richiama alla simbologia del Santo Graal.
Questi simboli templari raccontano del passaggio di quest’ordine cavalleresco medioevale, che tutt’oggi si riunisce a Santa Croce per le cerimonie di investitura.
Altra particolarità di questa chiesa è che pur essendo fuori dai crocevia principali, in passato è stata visitata da personaggi importanti, legati tutti in qualche modo a massoneria o esoterismo, come ad esempio alcuni imperatori tedeschi, Napoleone Bonaparte e Mussolini.
Paganesimo e cristianesimo convivono senza disturbarsi e senza disturbare gli occhi di chi guarda: simbolismo mitriaco, colonne romane, capitelli di derivazione bizantina, granito egiziano, motivi geometrici, vegetali e bestiari e croci templari coabitano organicamente.
Non mancano inoltre pregevoli affreschi che raccontano la vita dei santi come quello che raffigura il Beato Alberto, o Santa Caterina d’Alessandria con la ruota del martirio, quello sulla vita di San Tommaso (di scuola fabrianese) ed una pala raffigurante San Benedetto, realizzata da Paolo Agabiti nel 1524.
Un romanico “imperfetto”
La confusione sulla sua fondazione è giustificata anche dall’aspetto architettonico della chiesa, dove, oltre ad essere presenti diversi stili, materiali e simbologie di diversa origine, il suo assetto urbanistico a croce greca inscritta, richiama uno schema architettonico orientale tipico delle chiese bizantine greche e balcaniche, e rappresenta un unicum della regione Marche.
Insieme a San Claudio al Chienti, a Santa Maria delle Moie e a San Vittore alle Chiuse, Santa Croce è una delle quattro chiese romaniche con pianta a croce greca della regione Marche.
Inoltre, la pianta della chiesa non è perfettamente centrata, secondo alcune misurazioni sarebbe spostata da un lato e i secondi pilastri sarebbero più bassi dei primi di circa venti centimetri. Questa, un’altra ambiguità di Santa Croce e che secondo alcuni studiosi è stata voluta, in quanto la perfezione apparterrebbe solo a Dio. Secondo altri pareri questa “imprecisione” strutturale è stata cercata affinché l’abbazia incamerasse maggiore energia. Se così fosse, stando a quanto raccontano persone informate sul luogo, l’obiettivo è stato raggiunto: secondo alcune rilevazioni elettromagnetiche pare che in alcuni punti della chiesa ci sia un’energia di due milioni e quattrocento mila volte superiore al normale.
di S. Cecconi