Serrapetrona, non solo vino
Arte, storia, cultura e… un dinosauro!
Le origini del suo nome non sono del tutto chiare. Forse Serrapetrona sta per “altura pietrosa” oppure per Petronius, feudatario del castello sorto a serrare, ovvero difendere e chiudere la valle. Quello che è certo, invece, è l’incanto che da questo paesino di circa mille abitanti, racchiuso nella dolcezza di una zona collinare nei pressi di Camerino, appare negli occhi di chi si affaccia tra le sue vie dal sapore antico e remoto. Perché visitare Serrapetrona è come tornare indietro nel tempo, scivolando tra le meraviglie architettoniche e paesaggistiche, lasciandosi avvolgere dall’inebriante profumo, dal suo buon vino e non solo. Scopriamo insieme perché!
Il nome di Serrapetrona è incondizionatamente legato a quello del vino, ma questo paese di mille anime dell’entroterra maceratese offre tante attrattive, alcune delle quali conservate all’interno di Palazzo Claudi, uno dei più importanti contenitori di arte, storia e cultura del territorio, gestito dalla Fondazione Claudi in collaborazione con il Comune di Serrapetrona. All’interno del palazzo si può ammirare di tutto e di più, dalle “favole pittoriche” elaborate dalla pittrice Anna Claudi, madre del medico Vittorio Claudi, al quale si deve la nascita della Fondazione stessa nel 1999, alla Collezione Recchi, ereditata dal Comune in seguito alla morte del 68enne geologo Giorgio Recchi, soprannominato e conosciuto ai più con l’appellativo di “Indiana Jones”. Il pezzo forte della collezione, che vanta 2700 reperti, tra numismatica, paleontologia, archeologia, è un vero e proprio dinosauro o, meglio, il suo scheletro, lungo quattro metri e alto due, dalla bellezza di 75 milioni di anni. Si tratta di un esemplare della specie Prosaurolophus blckfeetensis, proveniente dalla riserva indiana della tribù dei Piedi Neri (blackfeet) nel Montana, Nord America. Il dinosauro, un erbivoro, camminava su quattro zampe e aveva la capacità di raggiungere i quattro metri di lunghezza. Era in grado anche di procedere su due zampe, quelle posteriori, quando aveva necessità di cibarsi delle foglie di alberi più alti.
Caratteristica peculiare dell’animale era il muso ampio e appiattito, che ricorda quello di un’anatra, e che esibiva al centro della fronte una sorta di piccola cresta che terminava con una sporgenza rivolta all’indietro. Tale corno forse fungeva da cassa di risonanza per la produzione di suoni forti e profondi, indirizzati a intimorire i nemici o ad attirare gli esemplari femminili. Ciò che rende importante e degno di attenzione tale reperto è il fatto che sia costituito da ossa originali per più del 70%: solo poco meno del 30% è stato ricostruito in laboratorio (le parti più delicate, ovvero le vertebre cervicali e quelle della coda). Ma come è arrivato fino a Serrapetrona dal Nord America un esemplare di tale dimensioni, perfettamente conservato? Si deve tutto a Giorgio Recchi, l’Indiana Jones di Serrapetrona, appunto. Il geologo aveva trasformato il suo appartamento in un vero e proprio museo: varcando la soglia di casa sua non si notavano mobili o suppellettili tradizionali, ma teche di vetro per la conservazione e l’esposizione dei quasi tremila reperti archeologici che l’uomo aveva collezionato e recuperato nel corso della sua vita. Giorgio Recchi aveva ricostruito lo scheletro del dinosauro nel sottotetto di casa sua, in un locale cui si accedeva tramite una scala a chiocciola. Nessuno, a Serrapetrona, era a conoscenza della vasta e suggestiva collezione che il geologo aveva improntato nella sua abitazione. Immaginate quindi la sorpresa e lo stupore di quanti, alla sua morte, si trovarono davanti agli occhi tale spettacolo! Sembra che Recchi, amante della storia e appassionato di archeologia, avesse l’abitudine, durante i suoi viaggi di lavoro (collaborava con una compagnia delle Nazioni Unite a Panama), di acquistare dei reperti in ogni angolo di mondo in cui si recava. Con il tempo è riuscito a collezionare un tesoro inestimabile, conservato ora dalla città di Serrapetrona.
Una città votata anche all’arte e alla cultura. Ospita infatti, tra gli altri tesori architettonici e artistici, la meravigliosa Chiesa di San Francesco, un vero e proprio gioiello incastonato nel centro cittadino, che colpisce per i dorati e luminosi affreschi di stampo giottesco, per le oreficerie, per lo stile gotico francescano tipico dell’Italia centrale, ma soprattutto per il grandioso Polittico di Lorenzo D’Alessandro, databile al XV secolo. Un’opera maestosa e meravigliosa, che tenta di spiegare alle persone, mediante immagini stupende, il mistero della salvezza, mostrando Gesù sulla Croce e la Madonna col Bambino. Il Polittico è composto da 26 tavole, di cui dieci compongono i due orfini e le altre la predella. Altra interessante e suggestiva opera conservata all’interno della chiesa è una Crocifissione dipinta su tavola databile al XIII secolo, da un anonimo marchigiano.
Se dovessimo descrivere Serrapetrona con un colore, il primo che verrebbe in mente sarebbe senz’altro il rosso che, oltre a caratterizzare il vino prodotto nelle campagne del territorio e conosciuto in tutto il mondo, è anche il segno distintivo della città, una sorta di cornice che circonda tutto il comune e gli spazi limitrofi. Sì, perché rosso cupo è il fogliame tipico dello scotano (Rhus Cotinus), un arbusto proprio degli Appennini, che cresce rigoglioso anche a Serrapetrona e che contribuì all’economia locale, soprattutto sul finire del XIX secolo, quando era impiegato dai tintori del luogo per estrarne i colori giallo, arancio, caffé nella concia delle pelli di daino e cervo. Lo scotano era utilizzato anche dagli ebanisti per lavori d’intarsio.
Quando si nomina Serrapetrona, infine, non si può non fare un cenno alla Vernaccia DOC. Un vino fermo, secco, che al palato sprigiona tutta l’essenza e i profumi del ribes nero, del gelso rosso, delle ciliegie selvatiche. Molti personaggi illustri, da scrittori a gastronomi, hanno celebrato le qualità di questo spumante rosso, il cui gusto è esaltato se abbinato a piatti di carni rosse o zuppe di legumi. In occasione della “Sagra della Vernaccia”, che ogni anno viene organizzata a metà agosto, si ha la possibilità di degustare piatti e ricette preparati proprio con il vino rosso di Serrapetrona, un vino la cui storia è strettamente legata alla nobile famiglia dei Da Varano, provenienti dal Ducato di Spoleto, che governarono Camerino (e tutti i paesi circostanti) per centinaia di anni. Proprio sotto i Da Varano, agli inizi del 1100, nacque e crebbe l’interesse per il vino. Basti solo pensare che sullo stemma del Comune di Serrapetrona campeggiava, siamo nel 1132, una vite con i grappoli. Non solo. Nel corso del 1500 veniva prodotto più vino che grano, sia a Serrapetrona, sia nelle zone circostanti. Insomma, un vero e proprio amore quello della città per il Serrapetrona DOC.